Strade sicure sono la chiave per una diminuzione degli incidenti dei veicoli a due ruote
L’esperienza dimostra regolarmente che, quando si verifica un incidente, l’infrastruttura ha un ruolo fondamentale. Nonostante la stragrande maggioranza degli incidenti sia da ricondurre a un comportamento umano errato, in numerosi casi l’origine dell’incidente, il rischio che ne deriva e la relativa gravità sono influenzati negativamente da carenze infrastrutturali.
Oltre ai sistemi di sicurezza attiva e passiva, al rispetto delle regole della circolazione e a un comportamento corretto e attento nel traffico, anche l’infrastruttura fornisce un notevole contributo alla sicurezza stradale. A tale proposito vi sono numerose misure con un potenziale di ottimizzazione. Fra queste rientrano: la messa in sicurezza di punti pericolosi, la manutenzione della dotazione stradale ossia condizioni del manto stradale idonee alla sicurezza della circolazione, il monitoraggio delle velocità nei “punti caldi”, l’installazione di idonee barriere di sicurezza, l’ampliamento delle ciclabili e molto altro. In linea di massima, una pianificazione duratura di infrastrutture e vie di comunicazione è tuttavia possibile solo adottando un approccio sul lungo periodo.
Ciò emerge molto bene occupandosi del tema del traffico ciclabile. Senza dubbio, la promozione del traffico ciclabile praticata in molte città e Comuni europei rappresenta un approccio positivo per tenere sotto controllo i problemi risultanti dall’aumento del traffico su strada (per es. code e impatto ambientale). Tuttavia, siccome spesso manca un piano complessivo per lo sviluppo di un’infrastruttura ciclabile sicura, non di rado si ottiene l’opposto dell’auspicato incremento dell’attrattiva e, in fondo, anche della sicurezza stradale. Un’ulteriore complicazione è data dalla rapida evoluzione nel campo della mobilità. Con il boom delle larghe cargo bike, delle veloci pedelec e dei numerosi diversi miniveicoli elettrici, le misure architettoniche a lungo termine spesso perdono la loro validità più rapidamente di quanto durino i processi di progettazione, pianificazione e approvazione.
I CICLISTI PERDONO LA VITA SOPRATTUTTO NEI CENTRI ABITATI
OTTIMIZZARE LE CICLABILI URBANE
Per ridurre il rischio di incidenti per i ciclisti, fra i punti fondamentali soprattutto nei centri cittadini – dove nell’UE, secondo i dati della Commissione europea, si verifica mediamente quasi il 60% di tutti i decessi di ciclisti in seguito a incidenti stradali – rientrano senza dubbio l’ampliamento della rete ciclabile nell’ottica della sicurezza stradale e la manutenzione dei percorsi destinati alle bici. L’ampliamento della rete ciclabile è effettivamente in corso, ma non ovunque le corsie offrono l’auspicata protezione per gli utenti. Specialmente nei centri abitati, dove fra le case c’è di rado spazio per una ciclabile a parte, i ciclisti devono spesso condividere la carreggiata con il traffico intenso, separati solamente (quando va bene) da una striscia di demarcazione dipinta a terra che, quando comincia a diventare vecchia e usurata, risulta praticamente irriconoscibile. Come sulle strade senza corsia per le bici, qui sussiste per tutte le due ruote un grande pericolo di essere sfiorati da veicoli a motore (in particolare mezzi pesanti) così come di essere intralciati o addirittura travolti quando questi svoltano a destra. Là dove sono disponibili ciclabili dedicate, il problema consiste soprattutto nella insufficiente delimitazione rispetto allo spazio pedonale e alla scarsa segnaletica in corrispondenza delle uscite. Spesso le ciclabili terminano poi senza nessuna precedente indicazione.
Se le piste loro dedicate sono in cattive condizioni, i ciclisti scendono di norma sulla strada nonostante il rischio maggiore. Ciò vale soprattutto per i ciclisti sportivi. Nonostante in Germania viga per esempio l’obbligo per i ciclisti di utilizzare la ciclabile ove questa sia presente e contrassegnata come tale, tali piste devono poi effettivamente seguire la strada, essere utilizzabili e in condizioni accettabili. Fra i requisiti costruttivi da soddisfare rientrano per esempio una sufficiente larghezza, un tracciato univoco e continuo, una gestione sicura degli incroci. Nel complesso, città e comuni sono chiamati urgentemente a considerare ancora di più il principio del “vedere ed essere visti” al momento della progettazione, della costruzione e della manutenzione delle ciclabili. Al tempo stesso, tuttavia, bisogna anche fare appello ai ciclisti affinché utilizzino le ciclabili là dove queste sono disponibili. Salta agli occhi che i ciclisti “sportivi” molto sicuri di sé nonostante la presenza di ciclabili in buone condizioni preferiscano immettersi nella più rapida circolazione stradale, non esitando a superare eventuali rallentamenti facendo zigzag fra le vetture. In questo caso non sono consapevoli dei maggiori pericoli di incidenti, oppure li ignorano fin quando capita loro di “avere sfortuna” o di scontrarsi con l’incomprensione degli altri utenti della strada verso il loro comportamento, aumentando così il potenziale di aggressività.
NELLE SVOLTE A DESTRA I CONDUCENTI DI AUTOCARRI SPESSO NON SI ACCORGONO (SE NON CON MOLTA DIFFICOLTÀ) DEI CICLISTI
STRADE CICLABILI E ALTRE NORME IN GERMANIA
Già dal 1º ottobre 1997 è consentita in Germania ai sensi del codice della strada la costruzione di cosiddette “strade ciclabili”, ossia di strade la cui carreggiata è riservata alla circolazione delle bici. Gli utenti di veicoli diversi dalle biciclette possono utilizzare queste strade solo dove ciò sia espressamente consentito con un cartello supplementare. Per tutti i veicoli – bici comprese – il limite di velocità è di 30 km/h. In alcuni casi i conducenti di veicoli motorizzati devono ridurre la velocità ancora di più. I ciclisti possono circolare anche affiancati.
Un problema, tuttavia, riguarda spesso la generale scarsa accettazione degli automobilisti nei confronti dei ciclisti sulla carreggiata. Sempre gli automobilisti, inoltre, spesso non rispettano i limiti di velocità sulle strade ciclabili perché questi non sono segnalati esplicitamente. Spesso nei centri urbani le biciclette possono percorrere le strade a senso unico nella direzione vietata. Ciò tuttavia può rappresentare un potenziale rischio di incidente per la circolazione dei veicoli e delle bici, visto che molti automobilisti non sono a conoscenza della corrispondente segnaletica o semplicemente non notano il piccolo cartello aggiuntivo. I pedoni che attraversano la carreggiata non si aspettano poi necessariamente veicoli silenziosi provenienti dalla direzione “sbagliata”. Una soluzione può essere in questi casi una segnalazione ripetuta sulla carreggiata. Ulteriori conflitti sono per così dire già previsti soprattutto quando non vengono rispettati l’obbligo di circolare a destra valido anche sulle strade a senso unico e una velocità adeguata. Ad ogni modo, la possibilità di aprire al traffico ciclabile idonee strade a senso unico anche in direzione contraria al senso di marcia va accolta con favore: ciò contribuisce infatti in maniera notevole ad aumentare l’attrattiva della circolazione su due ruote. Quante più strade a senso unico vengono concesse ai ciclisti, tanto più normale diventerà questa situazione e, di conseguenza, aumenterà anche la sicurezza.
Per quanto riguarda la Germania, il nuovo codice della strada entrato in vigore nell’aprile 2020 contiene nuove regole specifiche anche per la promozione della mobilità ciclabile. Per esempio, d’ora in poi la distanza minima che i veicoli a motore dovranno rispettare al momento del sorpasso sarà di 1,5 m nei centri abitati e 2 m al di fuori degli stessi. Sulle corsie protette destinate alle biciclette vige inoltre un generale divieto di sosta. In futuro, inoltre, saranno possibili zone ciclabili e svolte a destra agevolate esclusive per i ciclisti. È anche consentito che due biciclette circolino affiancate a condizione che non ostacolino nessuno; a partire dai 16 anni di età, inoltre, i ciclisti possono trasportare passeggeri, a patto che le biciclette siano realizzate per il trasporto di persone e appositamente configurate. È inoltre previsto un nuovo segnale stradale di “Divieto di sorpasso di veicoli a due ruote” che troverà applicazione in particolare nei punti più stretti. Inoltre, nelle svolte a destra i veicoli da 3,5 tonnellate devono procedere a passo d’uomo.
Per quanto riguarda appunto la svolta a destra, l’elevato potenziale di conflitto fra autocarri e ciclisti deriva in questa situazione anche dal fatto che fra i due utenti della strada spesso la differenza di velocità è solo minima. Una volta che un ciclista si trova in un’area non visibile o scarsamente visibile vicino all’autocarro, finisce quindi per restarvi per un tempo piuttosto lungo. Questo è uno dei motiviper cui i conducenti di autocarri quando svoltano a destra non possono accorgersi della presenza di ciclisti, o ci riescono solo con difficoltà. Questo tema è già stato affrontato nel capitolo “Andamento degli incidenti”. La disposizione in base a cui gli autocarri possono svoltare a destra solo a passo d’uomo potrebbe ridurre notevolmente il numero di questi conflitti. Tuttavia, secondo DEKRA c’è il pericolo che ciò esponga per contro i pedoni a un rischio maggiore, perché vista la lentezza dell’autocarro potrebbero finire nell’area critica di questi veicoli.
I PAESI BASSI COME MODELLO
La trascuratezza dell’infrastruttura ciclabile già esistente è già da lungo tempo un problema in molti Paesi del mondo. Dopo aver creato tale rete al fine di proteggere i ciclisti o anche di evitare rallentamenti del flusso veicolare, spesso alla necessaria manutenzione non è stata assegnata la priorità necessaria. Pulizia e servizio invernale non vengono assicurati, per gli interventi di costruzione non si tiene conto delle esigenze dei ciclisti e l’abuso come posteggio non viene perseguito o viene sanzionato con multe insufficienti.
Da quando negli scorsi anni l’uso della bici o della pedelec ha cominciato per diversi motivi ad aumentare e la richiesta di una buona infrastruttura ciclabile si è fatta sentire a gran voce, anche la politica ha iniziato a reagire. Tuttavia, molti politici responsabili sembrano preferire posizionarsi ai fini elettorali in termini di lunghezza dell’infrastruttura creata piuttosto che di qualità della stessa. In altri casi manca il puro e semplice coraggio di togliere spazio al traffico motorizzato per migliorare l’infrastruttura ciclabile. Solo in questo modo si può spiegare perché vengano previste corsie ciclabili eccessivamente strette, perché applicate segnalazioni delle corsie che non fanno altro che generare confusione anziché aumentare la sicurezza e perché la manutenzione continui a essere trascurata.
La separazione di traffico motorizzato rapido e utenti della strada più vulnerabili è un approccio di provata efficacia per aumentare il livello di sicurezza di tutti i soggetti coinvolti. Nei Paesi Bassi tale metodo viene per esempio portato avanti con coerenza: la velocità massima consentita sulle corsie con traffico ciclabile e motorizzato è di 30 km/h. Sui tratti in cui il limite è di 50 o di 70 km/h devono essere create piste ciclabili separate o corsie destinate alle bici. I tratti con una velocità massima consentita di 100 o 120 km/h non possono essere percorsi in bici. I Paesi Bassi dispongono attualmente di un’infrastruttura ciclabile lunga circa 35.000 km, cui si aggiungono circa 55.000 km di strade a uso promiscuo. La pianificazione delle ciclabili avviene in base a condizioni quadro chiare, la mobilità ciclabile viene inoltre promossa a livello politico e il tutto è accompagnato anche da una corrispondente attività di ricerca. Un modello esemplare. Anche in altri Paesi, regioni e città ci sono piani chiari per la realizzazione di una infrastruttura ciclabile sicura. Tuttavia, siccome spesso non hanno carattere legale e pertanto non sono vincolanti a livello attuativo, spesso vengono (tutt’al più) utilizzati solo a scopi orientativi. Al momento dell’attuazione finale si verificano sempre variazioni e si presentano i problemi sopra citati.
LA PIANIFICAZIONE DELLE CICLABILI RICHIEDE DISPOSIZIONI CHIARE
PER CAMBIARE COMPORTAMENTO DI MOBILITÀ SERVE PIÙ SPAZIO PER LE BICICLETTE
Per creare un’infrastruttura efficace e sicura per la mobilità ciclabile, in molte città non rimane altra possibilità se non ridestinare almeno parte dell’infrastruttura esistente alle biciclette. Ciò comporta tuttavia una riduzione dello spazio (di parcheggio) disponibile per il traffico individuale motorizzato. Una tale procedura si rivela spesso politicamente difficile nelle regioni con un elevato volume di traffico e un grande valore dell’auto personale. Già solo mantenere sgombre le ciclabili già esistenti pone a quanto pare grandi problemi per molti comuni. Spesso le superfici destinate alle bici vengono utilizzate come parcheggi o aree di fermata per i veicoli a motore. Una insufficiente frequenza dei controlli promuove ulteriormente questo comportamento.
ell’ottica di concedere alla mobilità ciclabile più spazio in ambito urbano e di creare aree separate dal traffico motorizzato, si contano in tutto il mondo già numerosi modelli di sviluppo. A Copenaghen e Amsterdam, per esempio, le corsie ciclabili sicure rappresentano da anni lo standard, e i ciclisti hanno a disposizione per ampi tratti piste ampie, generalmente contrassegnate dal colore della segnaletica orizzontale. A Copenaghen gran parte delle ciclabili è inoltre separata dalla corsia per il traffico motorizzato e dal marciapiede mediante un cordolo rialzato. Anche gli Stati Uniti sono già relativamente avanti sotto questo profilo: speciali “protected bike lane” combinano fra l’altro in città come Chicago, New York, Portland, Seattle o Washington D.C. corsie separate con barriere fisiche come colonnine, soglie di calcestruzzo, fioriere o corsie di parcheggio.