Un comportamento errato è il maggiore fattore di rischio

08 nov 2020 Fattore Umano

Come per i conducenti di automobili e autocarri, anche per ciclisti e motociclisti gli incidenti sono in buona parte legati a una carente consapevolezza del rischio, al mancato rispetto delle regole del traffico, alla velocità eccessiva, alla guida in stato di ebbrezza, alla distrazione e allo scarso rispetto nei confronti degli altri utenti della strada. Ciò non è ammissibile. Attraverso un comportamento, un’interazione e una comunicazione con gli altri utenti della strada all’insegna della responsabilità, nonché tramite la corretta valutazione delle proprie capacità e una corrispondente formazione è possibile porvi rimedio.

Le cifre e i fatti citati nel capitolo “Andamento degli incidenti” hanno già evidenziato che un comportamento errato da parte delle persone sulla strada rappresenta un notevole fattore di rischio specialmente per ciclisti e motociclisti. Secondo i dati dell’ufficio federale di statistica, per esempio, nel 2018 un “errato uso della strada” era nettamente la prima causa di incidenti con danni a persone (quasi 12.500) in Germania per quanto riguarda i ciclisti. Per motociclisti e utenti di veicoli fino a 50 cc di cilindrata (ciclomotori, motorini, pedelec, motocarri e quadricicli) il primato spetta invece alla “velocità non adeguata” (rispettivamente circa 6.600 e quasi 1.700 incidenti con danni a persone). Frequenti comportamenti errati sono inoltre la guida in stato di ebbrezza, il mancato rispetto delle precedenze o della distanza di sicurezza, i sorpassi azzardati e gli errori di svolta, inversione di marcia, retromarcia, immissione e partenza.
In questo contesto è interessante anche un calcolo dell’Allianz Zentrum für Technik relativo alle principali cause di incidente con danni a persone per tipo di partecipazione al traffico in Germania tra il 1991 e il 2018, da cui emerge che nel periodo preso in esame il numero di ciclisti quali principali responsabili di un sinistro è aumentato di quasi il 30%, passando dai quasi 33.000 casi del 1991 ai circa 42.550 del 2018. Soprattutto dal 2013 si registra un costante e talvolta drastico aumento di tale valore, sebbene occorra tenere presente che negli anni sono aumentati continuamente anche il numero assoluto di persone che circolano in bici e il chilometraggio percorso complessivamente. Per quanto riguarda gli automobilisti quali principali responsabili di incidenti, nel periodo in esame si registra un calo di quasi il 25%, da 273.500 a 206.000 circa.

L’INTERAZIONE AUMENTA LA SICUREZZA

AUTOMOBILISTI E CICLISTI: DUE SPECIE DIVERSE?

Conducenti di moto, bici e pedelec, ma anche utenti di scooter elettrici e monopattini: per ciascuno di questi gruppi l’interazione e la comunicazione con gli altri utenti della strada sono fattori di sicurezza importantissimi, a volte addirittura di importanza vitale. Ciò vale in particolare per la comprensione fra utenti di veicoli a due ruote e automobilisti. I risultati delle ricerche in merito evidenziano diversi modelli di comunicazione che da un lato aumentano la sicurezza della circolazione stradale, ma dall’altro potrebbero avere anche un effetto di escalation. Quest’ultimo si verifica di frequente quando prevalgono componenti emotive come rabbia e collera.
Di certo, con la sempre maggiore accettazione e diffusione delle biciclette come mezzi di trasposto quotidiano anche persone che finora avevano preferito la macchina passano piuttosto frequentemente alle due ruote. Il tipo di partecipazione al traffico dipende spesso dalla situazione; sotto questo profilo entrano in gioco fattori come per es. la lunghezza e la qualità della tratta da percorrere oppure le condizioni del traffico al momento. Il cambio di mezzo di trasporto comporta necessariamente anche una diversa percezione e valutazione delle situazioni sulla strada. Questo cambio di prospettiva individuale può promuovere l’apprendimento di modelli di interazione più sicuri fra automobilisti e ciclisti.

IL CAMBIO DI MEZZO DI TRASPORTO COMPORTA ANCHE UN CAMBIO NELLA PERCEZIONE E NELLA VALUTAZIONE DELLE SITUAZIONI SULLA STRADA

A tale proposito, sono interessanti i risultati di uno studio condotto dalla Ford nel 2018 nell’ambito della sua campagna “Share the Road”: dalla ricerca è emerso che l’uso di diversi mezzi di trasporto influenza la percezione. Per giungere a tale conclusione, circa 2.000 persone provenienti da Germania, Francia, Italia, Spagna e Gran Bretagna sono state chiamate a riconoscere e differenziare varie immagini in condizioni di laboratorio. Ne è emerso che gli automobilisti che vanno anche in bici hanno una maggiore consapevolezza delle situazioni. Nel 100% degli scenari somministrati sono stati infatti più rapidi nell’identificare le immagini, così come nel riconoscere i cambiamenti fra due figure.
Secondo uno studio di Rowden, P. e alia. (2016) si può in linea di massima supporre che molti conducenti si comportano in maniera più rispettosa delle regole quando circolano in auto piuttosto che in bici. Ciò è probabilmente riconducibile al fatto che i ciclisti si ritengono meno pericolosi di un automobilista e pertanto percepiscono come meno gravi anche le proprie infrazioni. Per confrontare il naturale comportamento di guida dei conducenti di diverse classi di biciclette (tradizionali ed elettriche), Schleinitz, K. et al. (2016) hanno realizzato uno studio raccogliendo dati da situazioni reali. I soggetti coinvolti hanno usato le proprie bici, dotate di sensori e videocamere. Il rapporto analizza anche le violazioni alle norme da parte dei ciclisti, come per es. il mancato rispetto del semaforo rosso.

IN AUTO MOLTI CONDUCENTI RISPETTANO LE REGOLE PIÙ DI QUANTO FACCIANO IN BICI

Ne emerge che per evitare di fermarsi al semaforo, in oltre il 20% delle situazioni vengono commesse violazioni (senza differenze significative in base al tipo di bicicletta). È stato osservato per es. un attraversamento diretto con il rosso senza fermarsi, oppure una breve fermata per poi attraversare l’incrocio con il rosso. In particolare in caso di svolta a destra è stato rilevato un’inosservanza sopra la media del semaforo rosso. Il mancato rispetto del rosso si osserva specialmente nei cosiddetti incroci a T, circostanza che induce a pensare che le violazioni siano più frequenti in situazioni più facili da controllare. Fra i motivi delle violazioni sono stati indicati in particolare il desiderio di mantenere la velocità, ma anche di accorciare il tragitto.
Oltre al mancato rispetto del semaforo si rilevano frequenti violazioni nell’uso dell’infrastruttura. Ciclisti e utenti di pedelec sfruttano spesso i marciapiedi in modo non consentito. Considerato l’elevato numero di violazioni, appare opportuno puntare nel complesso a sorvegliare e sanzionare di più i ciclisti, prevedendo fra l’altro anche appositi “corsi di ripasso”. In ogni caso, nel perseguire un’infrazione legata al comportamento si dovrebbe sempre prevedere anche un controllo della regolarità e della sicurezza del mezzo.

I CONFLITTI DI COMUNICAZIONE METTONO A RISCHIO LA SICUREZZA STRADALE

I conflitti nella comunicazione fra ciclisti e automobilisti rappresentano un particolare pericolo per la sicurezza stradale. Tali conflitti derivano soprattutto da un comportamento che l’altro gruppo di utenti della strada percepisce come inopportuno o addirittura aggressivo. Per esempio, un comportamento aggressivo dei ciclisti è spesso la reazione a una manovra da parte di un veicolo che essi ritengono rischiosa. Lo stesso vale anche invertendo i ruoli. Parcheggiare sulle ciclabili, superare a distanza ridotta o aprire le portiere senza guardare sono altre azioni che i ciclisti valutano spesso come provocazione intenzionale.
In genere, i ciclisti sono considerati da molti automobilisti come “outgroup” – Walker et al. (2007) – che non dovrebbe circolare sulle strade. Rifiuto o addirittura aggressività sono qui la conseguenza della percezione del ciclista come “intruso” e dello stress emotivo che ne consegue. Tale percezione è più frequente nei Paesi con una ridotta percentuale di ciclisti e un’infrastruttura ciclabile meno sviluppata. Ciclisti e automobilisti dimostrano reazioni diverse alle situazioni di stress, con i ciclisti che tendono a evitare i conflitti diretti, mentre gli automobilisti tendono a reagire maggiormente in toni di scontro. Anche questo va visto come conseguenza della diversa percezione della propria soggettiva sicurezza.
Uno studio di Heesch, K. C. (2011) esamina le esperienze dei ciclisti con le azioni moleste e coercitive da parte degli automobilisti. A un sondaggio online condotto da Bicycle Queensland, un’organizzazione per la promozione dell’uso delle due ruote, hanno risposto 1.830 partecipanti. Complessivamente, il 76% degli uomini e il 72% delle donne hanno riportato molestie o comportamenti coercitivi da parte di automobilisti nella circolazione stradale nei dodici mesi precedenti. Fra le forme citate più di frequente rientrano l’avvicinarsi eccessivamente (66%), le offese (63%) e le molestie sessuali (45%). La probabilità di essere esposti a tali comportamenti dipende dai fattori età, peso corporeo, esperienza/frequenza nell’uso della bici, luogo. I soggetti giovani o di mezza età con più esperienza sembrano essere più interessati rispetto a quelli più anziani. Secondo il sondaggio citato, lo stesso vale per i ciclisti che scendono in strada in modalità da gara oppure solo per divertimento, così come per quelli che circolano in zone maggiormente benestanti.
La paura di queste molestie rappresenta una barriera per le persone che vorrebbero andare in bici ma ancora non lo fanno. Un punto di partenza per invertire la rotta sarebbero campagne mirate a richiamare l’attenzione sul comportamento più opportuno alla guida e a segnalare le regole del traffico esistenti, nonché soprattutto a sottolineare i diritti dei ciclisti sulla strada. Un altro approccio sarebbe sfruttare la scuola guida per sensibilizzare gli automobilisti in merito alla diversità degli utenti della strada, così come ai particolari aspetti del rischio e alle specifiche necessità di messa in sicurezza.

L’INTERAZIONE È LA CHIAVE PER RIDURRE GLI INCIDENTI

Da uno studio di Walker, I. et al. (2007) è emerso che nel contatto con i ciclisti gli automobilisti rivolgono lo sguardo soprattutto sul viso. Nonostante usino anche i gesti del ciclista (come lo stendere il braccio per segnalare l’intenzione di svoltare) per decifrarne le intenzioni e la successiva traiettoria, è il volto a essere guardato per primo e più a lungo. Questa tendenza si è presentata indipendentemente dal sesso e dall’esperienza della persona sottoposta al test ed è stata ulteriormente rafforzata quando il ciclista sembrava guardare l’automobilista. I risultati fanno pensare che l’interazione con i ciclisti chiami in causa cognizioni sociali. La tendenza a fissare il volto durante un’interazione sociale è spiegata dalla psicologia evolutiva con il fatto che aspetto e mimica di una persona possono fornire all’interlocutore molte informazioni su intenzioni e caratteristiche. La presenza di indicazioni tramite direzione dello sguardo e volto ha tuttavia spesso avuto un effetto disorientante per l’automobilista, prolungandone il tempo di reazione al momento di interagire con ciclisti e altri utenti della strada vulnerabili. Siccome fissare il volto non è comunque una reazione riflessa, è possibile contrastare questa tendenza tramite misure di formazione o informazione.
In assenza di informazioni formali univoche (come gesti delle mani) è stata data una maggiore attenzione alla bicicletta stessa. Studi precedenti hanno dimostrato che gli automobilisti sono in grado di comprendere bene le intenzioni dei ciclisti anche sulla base della loro posizione sulla strada. Siccome molti dei canali di comunicazione utilizzati dai ciclisti sono informali e quindi equivocabili, bisognerebbe informare soprattutto i ciclisti più giovani dei possibili problemi di comunicazione (per es. del fatto che gli automobilisti spesso non riconoscono i loro gesti o non possono prevedere le loro azioni). Le campagne pubbliche di informazione pensate per l’educazione alla sicurezza di tutti i gruppi di utenti della strada e la loro interazione dovrebbero sottolineare un atteggiamento sociale e comunitario, comunicando che tutti gli utenti della strada sono ugualmente legittimati a utilizzare lo spazio pubblico.

LA STRADA È UNO SPAZIO PUBBLICOA DISPOSIZIONE DI TUTTI

Walker e i suoi colleghi hanno segnalato anche le conseguenze di alcuni ulteriori fattori sul comportamento degli utenti della strada. Lo studio dimostra che la posizione in sella, l’uso del casco, il tipo di bici e il sesso dei ciclisti influenzano la modalità del sorpasso da parte degli automobilisti, che sulla base di queste caratteristiche classificano in maniera diversa i ciclisti. Quanto più lontano dal cordolo procede un ciclista, tanto meno spazio l’automobilista gli concede. Riassumendo, è emerso che gli automobilisti lasciano poco spazio ai ciclisti che indossano un casco, viaggiano verso il centro della carreggiata e sono di sesso maschile, nonché quando l’autore del sorpasso è il conducente di un auto-bus/autocarro. Ciò indica che questi conducenti seguono abitualmente un determinato percorso di sorpasso, che non viene influenzato dalla posizione del ciclista. Per quest’ultimo, tuttavia, non è necessariamente più sicuro viaggiare più vicino al bordo della carreggiata, poiché lì possono esservi altri fattori di rischio come grate di scolo o automobili parcheggiate. In particolare, per i ciclisti è meno sicuro procedere a lato della strada in prossimità degli incroci, poiché i conducenti dei veicoli a motore si concentrano principalmente sul centro della carreggiata quando osservano il traffico e possono quindi facilmente non accorgersi dei ciclisti.
La constatazione che ai ciclisti che indossano un caso viene concesso meno spazio indica che vengono considerati più sicuri e meglio protetti da lesioni gravi in caso di incidente. Ciò fa sì che gli automobilisti giudichino meno rischioso un sorpasso a distanza inferiore rispetto ai casi in cui il ciclista non indossa il casco. Quando la persona in sella alla bici viene percepita come di sesso femminile si evidenziano distanze maggiori al momento del sorpasso, probabilmente perché le cicliste vengono considerate più imprevedibili o più vulnerabili. Nonostante gli studi si occupino ciascuno di una determinata regione, mentre il comportamento di guida dipende da molti fattori, anche diversi a livello regionale, questi punti evidenziano come i conducenti di veicoli a motore adeguino il proprio comportamento di sorpasso alle caratteristiche percepite del ciclista e non abbiano uno schema di sorpasso generale e indipendente per i ciclisti.

INTERAZIONE DEL COMPORTAMENTO DI GUIDA CON LA TECNICA E L’INFRASTRUTTURA

Oltre alle caratteristiche dei ciclisti, è emerso che un ruolo spetta anche al tipo di veicolo dell’autore del sorpasso. Autobus e mezzi pesanti si sono rivelati i veicoli che sorpassano a una distanza significativamente minore. Probabilmente ciò è dovuto al fatto che questi veicoli a causa delle loro dimensioni e della lentezza in accelerazione hanno bisogno di più spazio per completare il processo di sorpasso, e inoltre si trovano a invadere maggiormente l’altra corsia rispetto ai veicoli più piccoli. Siccome raramente il traffico in direzione contraria presenta ampi intervalli vuoti, la distanza dal ciclista in fase di sorpasso è minore. Un potenziale pericolo deriva inoltre dal fatto che per chi conduce un veicolo di grandi dimensioni i ciclisti non sono visibili per l’intero processo di sorpasso, per cui si tenda a ritornare nella posizione originaria della corsia quando il ciclista è ancora vicino al veicolo. Da questo esempio emerge in maniera particolarmente evidente che per aumentare la sicurezza dei ciclisti è indispensabile creare ciclabili separate.
Horswill, M. S. et al. (2015) approfondiscono nel loro studio l’interazione del comportamento di guida con la tecnica e l’infrastruttura. In genere, un ampliamento della rete ciclabile porta a una riduzione del numero di incidenti in rapporto al chilometraggio percorso. Quando l’infrastruttura ciclabile consente una separazione più sicura dei ciclisti dal veloce traffico motorizzato, ne consegue un aumento della sicurezza dei ciclisti. Questo effetto si osserva in maniera particolarmente netta agli incroci, dove fra l’altro la separazione infrastrutturale si rivela particolarmente difficile. A sua volta, un incremento della sicurezza comporta un aumento del numero di utenti delle biciclette. Oltre alle modifiche dell’infrastruttura ciclabile sono utili anche misure che migliorano la chiarezza del traffico, in modo che gli utenti della strada più vulnerabili come i pedoni e i ciclisti non possano passare inosservati così facilmente. In tale contesto possono fornire un supporto anche i sistemi di assistenza alla guida del veicolo motorizzato, che aiutano a rilevare ciclisti e pedoni. Anche se i ciclisti (perlomeno in Germania) di norma non possono procedere sul marciapiede, misure come la limitazione e/o il divieto di parcheggiare sul marciapiede e l’inasprimento delle sanzioni in caso di inosservanza di tale divieto sarebbero altrettanto efficaci per l’aumento della visibilità degli utenti di veicoli a due ruote.
Anche Hamilton-Baillie, B. et al (2008) si sono occupati del comportamento comunicativo fra i diversi gruppi di utenti della strada, presentando il concetto di “Shared Space”. Il loro obiettivo è l’integrazione degli utenti della strada in uno stesso luogo senza dover scendere a compromessi in termini di sicurezza, mobilità o accessibilità. In particolare, un aumento della sicurezza stradale deve essere raggiunto attraverso il rispetto reciproco, laddove la comunicazione assume un ruolo centrale e sovraordinato, poiché tutti gli utenti della strada hanno pari diritti. Fra le caratteristiche progettuali rientrano il principio di mescolamento di tutti gli utenti della strada e, di conseguenza, anche un’ampia rinuncia a segnali e limitazioni poiché tutti i soggetti seguono regole implicite. Il principio non è affatto nuovo, e viene infatti messo in pratica da diversi decenni in varie città. Esempi positivi di applicazione di questo concetto sono per es. l’incrocio Laweiplein di Drachten (Paesi Bassi) oppure Blackett Street a Newcastle (Inghilterra).
Tipici approcci progettuali per la realizzazione di Shared Space sono il portare a livello i diversi piani in maniera che pedoni e utenti dei veicoli motorizzati e non interagiscano a uno stesso livello e che lo spazio del traffico risulti chiuso e coerente, con sottili demarcazioni a indicare le varie separazioni. La rimozione di gran parte della segnaletica e dei semafori richiede una comunicazione organica e riduce le velocità. Normalmente l’approccio Shared Space produce una efficace ristrutturazione del traffico stradale: si generano meno ingorghi e, grazie alle velocità ridotte, anche meno incidenti con conseguenze meno gravi. Allo stesso modo è dimostrabile che la soddisfazione di tutti gli utenti della strada aumenta. Prima dell’allestimento di uno Shared Space, i progettisti devono tuttavia verificare con precisione se tale scelta è effettivamente sensata nel punto in questione.